La psicologia sperimentale del XIX secolo

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psicologia sperimentale

Il sorgere della psicologia sperimentale, fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, determinerà il declino della comprensione cartesiana dell’anima umana. Indubbiamente gli studi di Freud, Jung e Adler non mostrano interesse particolare per l’anima in quanto tale. Tutti, però, sviluppano una «psicologia del profondo», dalla quale emerge inequivocabilmente che la mente non opera solo a livello conscio. Essa ha una vita propria, gran parte della quale è di tipo inconscio o subconscio. Sebbene la nozione di psiche, in quanto profondità, non fosse sconosciuta al pensiero cristiano classico, con la psicologia sperimentale essa diviene totalmente autoreferenziale, non rimandando più né alla religione né a Dio.

La negazione della spiritualità

L’anima viene studiata e trattata con metodo esclusivamente scientifico mentre la dimensione dello spirito scompare progressivamente, perché ritenuta non verificabile e molto indeterminata. Malgrado il fatto che alcuni autori della scuola fenomenologica, come Husserl, abbiano cercato di andare oltre una psicologia descrittiva, la psicologia sperimentale, insistendo sull’unità psicosomatica dell’essere umano, ha svolto la sua influenza soprattutto nel negarne la spiritualità. psicologia sperimentale

Per i materialisti anima non è altro che un termine convenzionale per indicare l’instabile ed alienante epifenomeno della vita umana individuale. La vita psichica e la coscienza di sé sono considerate il prodotto più alto della materia del mondo fisico. Esse non sono che funzioni piuttosto complesse di quella particolare forma di materia che si chiama «cervello umano». Infatti die Seele, tradotta alla lettera dalla lingua tedesca con anima, viene usata da Freud come sinonimo di psiche, essa

è epistemologicamente da considerarsi in maniera autonoma, perché produce effetti e funziona secondo una propria legalità, legalità non ricavabile da quella del corpo o dei processi celebrali

M. FORNARO, Il problema mente-corpo, in Corpo e anima oggi, A. V. FABRIZIANI (a cura di), CLEPU Editrice, Padova, 2004.

La mente e il cervello psicologia sperimentale

Il problema si sposta poi sul rapporto tra «mente» e «cervello», e da questo poi al corpo. Il contrasto con la visione materialista si accese sul concetto di «mente»: qual è il rapporto tra l’io, la soggettività, la mente, da una parte, e il cervello dall’altra?

Una grande varietà di risposte è stata suggerita negli ultimi anni dalle neuroscienze. Helmuth Feigl (1902-1988) insiste sull’esistenza della mente umana, considerato che l’uomo è assai più di un meccanismo automatico regolato sulla base di stimoli e di risposte. Il suo comportamento è diretto da un «io autocosciente»: l’io non può essere identificato con il comportamento come tale, ma con il principio interno del comportamento. Tuttavia, per Feigl, la mente si identifica in modo semplice e diretto con il cervello; e ciò per un «principio di economia», in base al quale non si devono moltiplicare necessariamente le cause di un fenomeno.

Mario Bunge (1980-2020) ha voluto superare il riduzionismo di Feigl. Anche secondo lui tutto ciò che esiste è solo materia, ma quest’ultima si esprime in livelli qualitativi differenti. Ogni livello suppone quello inferiore e lo sorpassa ontologicamente. L’esperienza comune non ci permette di comprendere ogni cosa in termini puramente fisici. Egli accetta che la mente si identifichi con il cervello, ma aggiunge che il cervello differisce non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente da ogni altro oggetto fisico-materiale conosciuto.

Psicologia e Neuroscienze

L’impostazione dualista

Un’impostazione dualista del rapporto fra anima (o mente) e corpo continua ad essere popolare tra filosofi e scienziati. Tra questi Karl Popper (1902-1994) e John Eccles (1903-1997) che ne sono probabilmente i più rappresentativi. Popper si accosta al rapporto mente-corpo dalla sua prospettiva dei «tre mondi». Oltre il mondo delle entità fisiche e quello dei fenomeni mentali, come le esperienze soggettive, vi è anche il mondo composto dai prodotti della mente, come le teorie scientifiche, le istituzioni sociali, le opere d’arte, ecc.

L’esistenza di questi livelli non può essere messa in dubbio, in quanto essi hanno effetti nel mondo gerarchicamente inferiore. È evidente che i prodotti della mente e della cultura umana sono ciò che maggiormente influisce sulla realtà fisica. Sebbene essi lo facciano attraverso le operazioni della mente. La mente non può dunque identificarsi con il cervello e le sue operazioni, sebbene la prima interagisca strettamente con il secondo. È l’io a possedere il cervello, e non viceversa.

Karl Rahner

Il teologo Karl Rahner (1961-1984) spiega che l’origine della vita può essere attribuita interamente a Dio nell’ambito della «causalità primaria» (creazione), ed interamente alla generazione nell’ambito della «causalità secondaria» (evoluzione). Dio è la base del processo evolutivo del mondo. Egli opera nel cuore della creazione attraverso le cause seconde, senza rimpiazzarle o interromperne i processi. La causalità divina agisce, dunque dall’interno di una causalità finita e limitata, elevandola e potenziandola, perché possa operare al di là delle proprie potenzialità.

Applicando questo principio all’uomo, Rahner sostiene che sia Dio sia i pre-ominidi sono pienamente causa dell’intero essere umano. Il potere di Dio fa emergere la piena potenzialità dello stato pre-ominide, costituendo gli umani come persone, andando così al di là della catena biologica della riproduzione. L’unicità, l’irripetibilità e la spiritualità della persona umana sono radicate, quindi, nell’azione creatrice e potenziante di Dio. L’evoluzione del cervello segue il progetto di Dio, che si serve dell’evoluzione anche per la mente e l’anima.

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