Nefesh, nell’Antico Testamento, è un sostantivo correlato al verbo semitico nāpaš che significa «soffiare, esalare» e viene convenzionalmente tradotto con anima. In realtà non designa l’anima nel senso comune da noi attribuito oggi a questo termine. Esso indica più precisamente il «soffio della respirazione» ed in particolare l’azione concertata di tutti quegli organi ed apparati che concorrono a questa vitale attività: gola, trachea, collo.
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Correlazione nefesh-collo
La correlazione nefesh – collo viene codificata molto nell’arte, soprattutto nell’iconografia mariana. Generalmente la base del collo è ingrossata e mantiene poi un diametro spesso per tutta la sua lunghezza: questo sta ad indicare la pienezza dello spirito in Maria. L’immagine della Beata Vergine delle Grazie ospitata nella basilica santuario di Este, provincia di Padova, ne è un ottimo esempio.
L’attività vitale del respiro
Nel pensiero ebraico non ancora ellenizzato nefesh designava dunque l’attività vitale del respiro e quindi, in senso lato, la vita dell’individuo in quanto tale. Poteva corrispondere, in maniera più ampia e generica, all’idea di “essere vivente” o “creatura”; cioè in pratica di chi vive in quanto animato.
Ecco allora che, nel linguaggio veterotestamentario, esalare la propria nefesh significa morire; salvarla, significa salvare la propria vita: «Saul mandò messaggeri alla casa di Davide per sorvegliarlo e ucciderlo il mattino dopo. Mikal, moglie di Davide, lo avvertì dicendo: “Se non metti al sicuro la tua vita [nefesh ka] questa notte, domani sarai ucciso”» (1Sam 19, 11).
Nefesh e sangue
Dall’osservazione che l’uomo, il cui sangue viene versato muore e non respira più, si pensava che la nefesh risiedesse nel sangue o addirittura fosse il sangue stesso. Da questa convinzione, tutta una serie di norme religiose contenute nell’Antico Testamento che vietano il contatto col sangue:
Perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto sua vita; perciò ho ordinato agli Israeliti: non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue è la vita di ogni carne.
Lv 17, 14
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