Romano Guardini e la liturgia

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Romano Guardini, in alcuni suoi scritti, manifesta un particolare interesse per l’epoca pre-moderna durante la quale il cristianesimo fu in grado di integrare i diversi aspetti del reale quali il mondo e l’uomo, il singolo e la società, l’essere e le cose. Al contrario, nell’età moderna il mondo, il soggetto, il pensiero e la cultura non vengono più amalgamati e tenuti assieme dall’autorevolezza del messaggio cristiano ma si impone, come nuovo elemento di sintesi, quello che l’autore chiama il “progresso”. Egli però annuncia l’avanzare di una nuova fase nella quale si manifesterà una inedita forma di disillusione nei confronti del progresso stesso.

L’eccesso di spiritualità nel tessuto ecclesiale

L’aspetto più preoccupante che Romano Guardini mette in evidenza, concordando in questo con Odo Casel, è costituito dal fatto che queste tendenze razionalistiche ed individualistiche sono penetrate anche all’interno del tessuto ecclesiale manifestandosi come un eccesso di spiritualità all’interno della vita religiosa stessa. In questo versante Odo Casel ritiene che il fine ultimo della ricerca teologica non sia il perseguimento di una “conoscenza scientifica” separata dalla fede, ma piuttosto una gnosi che presuppone la fede stessa. Su tal punto scrive Romano Guardini:

La vita religiosa si ritira in una presunta interiorità spirituale e di conseguenza in realtà diventa astratta, formale, schematica. Essa perde il rapporto con la struttura naturale della vita, non coinvolge più, non forma più. E d’altro canto l’aspetto visibile, concreto della religione, rito e simbolo, viene compreso sempre meno, non è più còlto e vissuto in modo immediato.

R. Guardini, Formazione liturgica…, p. 64.

Questo asserragliarsi all’interno di una interiorità prettamente spirituale ha l’effetto di ridurre la realtà ad astrazione. L’esperienza religiosa perde di conseguenza il rapporto con quella che Romano Guardini chiama «la struttura naturale della vita»; non coinvolge più e soprattutto, tematica molto cara al filosofo italo-tedesco, non è più in grado di formare. Conseguenza diretta di tale processo è che l’aspetto concreto della religione, cioè i riti e i simboli ad essi collegati, vengono compresi sempre meno.

La persona come unità concreta in Romano Guardini

È proprio a partire dalla considerazione che la persona si esperisce essenzialmente come unità concreta e vivente che Romano Guardini sottolinea quanto quest’ultima sfugga ai metodi di indagine tipici della scienza moderna. I procedimenti razionali del metodo scientifico puntano al concetto passando attraverso l’astrazione, la quale però implica la perdita dell’unità del vivente (cfr. G. Bonaccorso, Il rito e l’altro. La liturgia come tempo, linguaggio, azione…, p. 27.) Ecco che l’approccio fenomenologico di Guardini parte da un fondamento ontologico che considera ogni elemento della realtà parte di una unità organica non riducibile alle singole parti che la costituiscono. Questo vale anche e soprattutto per la persona. Egli punta al recupero dell’interezza umana fondamentale a livello rituale e liturgico: è l’uomo nella sua totalità che prega, offre e agisce; non è l’anima soltanto, né l’interiorità solamente, bensì l’uomo intero (cfr. R. Guardini, Formazione liturgica…, p. 51.)

Il corpo come soggetto e strumento

Anche cambiando punto di osservazione sulla questione si giunge al medesimo risultato. Il Creatore non destina il proprio amore solamente all’anima umana, ma anche alla materia in quanto tutto l’uomo è creato a sua immagine e somiglianza. Il corpo non è quindi né spregevole né cattivo e, nonostante tutti gli apparenti dualismi derivanti da tensioni ascetiche e contrasti storici alla materia, la fede cristiana deve conferire uno speciale valore alla corporeità. Inoltre è tutto l’uomo che partecipa della vita eterna:

Ci è stato appunto insegnato che non soltanto l’anima, ma l’uomo è immagine di Dio. La buona novella non dice che Dio è entrato nella storia in uno spirito, ma in un uomo. E le promesse di Cristo non dicono che la vita eterna sarà puramente spirituale e che il corpo e il mondo dovranno stare esclusi, ma che essa sarà la vita dell’uomo risorto sotto un cielo nuovo e sopra una terra nuova.

R. Guardini, La funzione della sensibilità nella conoscenza religiosa, in Scritti filosofici, Vol. II…, p. 176.

Nella tensione verso l’altro, il corpo deve essere considerato come soggetto e al contempo strumento. Il discepolo di Cristo non salverà la propria anima mortificando il corpo, evadendo dal mondo e sfuggendo alla materia, bensì agendo tramite e su di esso per sviluppare al massimo le potenzialità divine della creazione. Il superamento del dualismo è quindi essenziale e paradigmatico soprattutto in ambito rituale dove sono l’azione e i sensi a condurre l’uomo verso la Rivelazione.

Il corpo nella Lettera Apostolica Desiderio desideravi dedicata alla formazione liturgica

La recentissima lettera apostolica Desiderio desideravi, dedicata alla formazione liturgica del popolo di Dio, contiene molti passaggi tratti dal testo Formazione liturgica di Romano Guardini. Il primo impegno, sottolinea Papa Francesco riprendendo un passaggio dell’opera guardiniana, è quello di far tornare l’uomo nuovamente capace di simboli. Questo impegno tocca tutti, ministri ordinati e laici.

Il compito non è facile perché l’uomo moderno è diventato analfabeta, non sa più leggere i simboli, quasi non ne sospetta nemmeno l’esistenza. Ciò accade anche con il simbolo del nostro corpo. È simbolo perché intima unione di anima e corpo, visibilità dell’anima spirituale nell’ordine del corporeo e in questo consiste l’unicità umana, la specificità della persona irriducibile a qualsiasi altra forma di essere vivente. La nostra apertura al trascendente, a Dio, è costitutiva: non riconoscerla ci porta inevitabilmente ad una non conoscenza oltre che di Dio, anche di noi stessi. Basta vedere il modo paradossale con il quale viene trattato il corpo, ora curato in modo quasi ossessivo inseguendo il mito di una eterna giovinezza, ora ridotto ad una materialità alla quale è negata ogni dignità.

Desiderio desideravi, n. 44

Romano Guardini e la liturgia contemporanea

Nell’opera Die Sinne und die religiöse Erkenntnis (1950) Romano Guardini mette in evidenza la necessità e l’urgenza di porre la questione se le forme concrete della liturgia contemporanea permettano l’effettivo verificarsi di quegli atti essenziali che il culto è chiamato a mettere in opera:

Noi dobbiamo ancora imparare a guardare, a sentire, a toccare, a trattare con il vivo dell’essere; ma anche a capire quanto la nostra pratica liturgica attuale si è fatta povera d’immagini, astratta, decorativa, e chiederci in che modo si possa recuperare quella ricchezza di immagini e quel fascino di azioni che possono condurre l’uomo d’oggi nel mondo della Rivelazione in maniera, forse, più viva e più umana delle istituzioni o delle esortazioni.

R. Guardini, La funzione della sensibilità nella conoscenza religiosa…, p. 177.

È sicuramente, oggi più che mai, una necessità quella di capire fino a che punto la nostra pratica liturgica si sia impoverita d’immagini, sia divenuta astratta e meramente decorativa. È necessario il recupero, come sostiene Romano Guardini, del fascino delle azioni soprattutto all’interno della liturgia.

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Bibliografia:

G. Bonaccorso, Il rito e l’altro. La liturgia come tempo, linguaggio, azione, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 20122 (Monumenta Studia Instrumenta Liturgica, 13).

A. Grillo, Introduzione alla teologia liturgica. Approccio alla liturgia e ai sacramenti cristiani, Padova, Edizioni Messaggero, 20112 (Caro Salutis Cardo, 9).

S. Maggiani, Rileggere Romano Guardini. L’importanza del pensiero liturgico guardiniano per un rilancio del “Movimento liturgico” in Rivista Liturgica 3 (1987), Padova, Edizioni Messaggero.

F. Nasini, Il “gioco” liturgico in Romano Guardini e Odo Casel, in Rivista Liturgica 3 (2012).