Lo spirito nella ricerca filosofico-scientifica del XX secolo

Lo spirito è stato nel XX secolo oggetto di interessanti indagini filosofiche e non solo. Il forte sviluppo dell’indagine scientifica tra il XIX e il XX secolo non ha prodotto solo maggiore conoscenza sulle particelle elementari e sui fondamenti fisici del reale. Esso ha stimolato anche la nascita di interrogativi sulle profondità dell’essere e sulla natura dello spirituale soprattutto in rapporto a quanto già si conosceva della materia.

Lo spirito nella ricerca filosofico-scientifica del XX secolo

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Lo spirito come principio immateriale

Werner Karl Heisenberg parla dello spirito come di quella realtà che sottostà ad ogni parvenza materiale. Cercato dall’uomo come la verità stessa, esso può, in senso cristiano, essere chiamato Dio. Il fisico tedesco, riprendendo i contenuti filosofici greci (soprattutto platonici), ritiene che la presenza di principi immateriali sia un fatto oggettivo che esprime certi aspetti della realtà del mondo, indipendenti dal tempo, dunque eterni. Lo spirito si dimostra quindi centrale, in quanto raccordo tra la dimensione eterna delle idee e quella temporale della materia alla quale appartengono le particelle elementari che costituiscono le immagini originarie, le idee della stessa materia.

Lo spirito infinito e la complessità

Il fisico teorico Paul Davies identifica lo spirito con Dio, cioè una realtà che pervade, vivifica e muove il tutto secondo un progetto. Questo spirito «infinito» palesa la sua presenza solamente in sistemi dotati di un certo grado di complessità. L’esistenza e l’evoluzione di tali gradi di complessità, in particolare negli esseri viventi, evidenzia una finalità che rinvia all’azione di una «mente», intesa non solo come «termine» dell’evoluzione, ma altresì come «autore» dell’evoluzione medesima. Ogni dimensione dello spirito possiede una sua «dignità naturale». Essa emerge ad esempio nel rapporto duale corpo-spirito, in analogia col dualismo fisico onda-corpuscolo o informatico hardware-software, e sul tipo del rapporto mente-corpo.

L’orizzonte antropologico

Nell’orizzonte antropologico anche nel XX secolo ci si pose il problema riguardante la relazione che intercorrerebbe fra elemento animale ed elemento spirituale. Secondo soluzioni “monistiche” sia la materia animata che lo spirito nelle sue varie dimensioni sono ricondotti ad un’unica realtà che li accomuna. Nella cosiddetta teoria dell’identità lo spirito sarebbe una «funzione» del cervello in quanto, ad un certo grado di organizzazione raggiunto dalla materia, gli stati d’animo e le condizioni coscienziali sarebbero “stati” dei neuroni. Secondo soluzioni dualistiche lo spirito, realtà assolutamente altra e superiore alla materia, ne sarebbe il principio di organizzazione e caratterizzazione.

Attualmente, una variante di tale teoria, detta «interazionismo», distingue nettamente fra “spirito” (mind) e cervello (brain o body). Per cui, pur in una reciproca relazione, l’elemento spirituale risulta assolutamente irriducibile alle funzioni neuronali del cervello. Interessanti in questo versante anche le posizioni di J.C. Eccles e R.W. Sperry che sostengono, con varie argomentazioni, che esiste un’interazione dello spirito con il sistema neuro-cerebrale, pur mantenendo la distinzione delle due dimensioni nel senso di una indeducibilità e peculiarità dell’elemento spirituale. In quest’ottica il cervello costituirebbe un vero e proprio «organo» dello spirito.

La teologia cristiana

Nell’ambito della teologia cristiana emergono, sin dai primi decenni del Novecento, numerosi tentativi di rileggere la questione del rapporto tra Dio e il mondo, lo spirito e la materia, l’uomo e il cosmo, in un orizzonte comprensivo e più aderente alla rivelazione cristiana, capace di superare i dualismi opposti dello Spiritualismo e del Materialismo. Pionieristica la visione di Sergej Nikolaevič Bulgakov. Egli avverte l’urgenza di una cosmologia cristiana e sottolinea che occorre superare la separazione moderna — tra l’altro tipicamente occidentale — tra spirito e materia. Nonché il pregiudizio che la natura sia estranea alla dimensione spirituale della vita umana e alla presenza di Dio nel mondo.

Non soltanto lo spirito non è opposto alla materia, ma bensì vi si identifica come energia: è la sua forza. […] questa attitudine spirituale della sostanza di creatura, determinata dalla sua relazione positiva allo spirito, può avere diversi modi o gradi […] mai lo spirito è opposto alla vita animale e corporale dell’uomo, ma vive in esse, determinandole e, a sua volta, essendo determinato da esse.

S. Bulgakov, Il Paraclito, pp. 574-575

Lo spirito è l’intera struttura corporeo-psichica

In riferimento alla natura, Jürgen Moltmann intende spirito come:

le forme di organizzazione ed i modi di comunicazione dei “sistemi aperti”, a partire dalla materia informe per arrivare alle forme dei sistemi vitali, alle più diverse simbiosi di vita, fino agli esseri e alle popolazioni umane, addirittura all’ecosistema “terra”, al sistema solare, alla nostra galassia della Via Lattea ed alla combinazione delle galassie dell’universo.

J. Moltmann, Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, p. 31

A tutti questi livelli lo spirito tende a fondere i sistemi di vita aperti in forme di vita simbiotiche e a sviluppare forme di vita sempre più ricche nell’ambito del possibile: il futuro. Anche in Moltmann quindi troviamo una concezione dello «spirito» come sinonimo di autorganizzazione e di autotrascendenza, di simbiosi interiore ed esteriore, principio complessivo dell’organizzazione, per cui lo spirito umano riguarda l’intera struttura corporeo-psichica. Nello Spirito ogni uomo è unito socialmente e culturalmente agli altri esseri umani, attraverso un legame che è un sistema organizzato.

Per Moltmann la coscienza umana è spirito riflettente e riflesso, consapevolezza dell’organizzazione della sua vita, della sua interiorità, e delle relazioni necessarie all’organismo umano per vivere nella natura e in società. Il corpo e l’anima sono penetrati, vivificati e connotati dallo «Spirito creatore». Per cui l’uomo è «spirito-corpo» e «spirito-anima», e, al tempo stesso, un’unità connotata dallo Spirito creatore; inteso come spirito cosmico.

Spirito come il «parlare del creatore»

Nella proposta di interpretazione della relazione Dio-mondo di Wolfhart Pannenberg, l’analisi della testimonianza biblica rivela lo Spirito di Dio come il principio che dona vita a tutte le creature, moto e attività. Esso è l’alito divino insufflato direttamente in esse. Non solo un evento che accade nell’interiorità di Dio, ma:

un respiro che si tramuta in tempesta, un dinamismo da cui scaturisce il “parlare” del creatore.

W. Pannenberg, Teologia sistematica, p. 96

Se lo scopo della fisica è quello di descrivere le forme di moto e le forze motrici allora, proprio nelle diverse ipotesi recentemente avanzate per la spiegazione di tali fenomeni, è individuabile una rilevanza ermeneutica implicitamente teologica. In particolare, secondo Pannenberg, le teorie dei «campi di forza», che hanno trovato sviluppo a partire da Faraday, paiono manifestare una certa compatibilità con la concezione cristiana dell’attività dinamica dello pneuma divino nel creato.

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Bibliografia:

W. Heisenberg, Fisica e Filosofia, Ed. Il Saggiatore, Milano 1963.

P. Davies, La mente di Dio, Mondadori, Milano 1993.

P. Davies, Il cosmo intelligente. Le nuove scoperte sulla natura e l’ordine dell’universo, Mondadori, Milano 1994.

S. Bulgakov, Il Paraclito, EDB, Bologna 1987.

J. Moltmann, Dio nella creazione. Dottrina ecologica della creazione, Queriniana, Brescia 1986. W. Pannenberg, Teologia sistematica, Brescia 1994, II.