Nella liturgia antica tra il II e il III secolo tutte le istituzioni erano state impiantate, anche se chiaramente solo in forma ancora elementare. Risale a questo periodo il definitivo distacco delle comunità cristiane dal giudaismo. Questo passaggio fu favorito dall’apertura al paganesimo che portò però anche all’integrazione di nuove pratiche cultuali in aggiunta ai riti ereditati dall’epoca apostolica. La liturgia venne arricchita da alcuni elementi provenienti dai culti misterici, chiaramente reinterpretati per l’uso cristiano.
Il battesimo nella Liturgia antica
Fanno allusione al battesimo diversi scrittori del II e del III secolo come Tertulliano e Giustino, senza tuttavia dirci molto sul cerimoniale. Mentre le testimonianze di epoca apostolica non danno troppo peso alla preparazione, i documenti del II e del III secolo parlano di un catecumenato già ben organizzato.
Uno di questi documenti, la Tradizione apostolica fissa la durata della preparazione in tre anni e la divide in due tappe, introdotte da un esame dei candidati. La prima ammissione comportava un approfondito interrogatorio che verteva sulle ragioni della conversione, lo stato civile e soprattutto la professione del candidato. Accettando candidati provenienti da culti pagani, le comunità cristiane intensificarono la preparazione al battesimo cercando così di ottenere una conversione più consapevole; senza contare che il tempo era necessario per raggiungere una sufficiente conoscenza delle Scritture e per allontanare i neofiti dalle loro precedenti abitudini idolatriche.
Si battezzava per immersione; nell’immersione e nell’emersione dall’acqua si vedeva il simbolo della morte e della risurrezione di Cristo. Tuttavia uno scritto della fine del primo secolo, la Didaké, richiede che l’acqua sia versata tre volte sulla testa (quello che viene chiamato battesimo per infusione). In entrambi i casi si battezzava nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Dopo l’immersione del candidato o la triplice infusione seguivano: l’unzione da parte di un presbitero, la vestizione e l’ingresso in Chiesa, l’imposizione delle mani da parte del vescovo, l’unzione fatta dal vescovo, il segno di croce sulla fronte, il bacio della pace. Dal momento che sono di origine apostolica soltanto l’immersione e l’imposizione delle mani, ci si è liturgicamente interrogati sull’origine delle unzioni che fanno parte del rito battesimale. Il legame più accreditato sembra essere con l’unzione praticata agli atleti prima del combattimento.
La remissione dei peccati nella liturgia antica
In epoca apostolica, quando si faceva menzione alla remissione dei peccati, ci si riferiva soprattutto al battesimo. Raramente si faceva riferimento a che cosa fare per i peccati compiuti dopo il battesimo. Nel III secolo era generalmente riconosciuto che la Chiesa potesse rimettere i peccati con la penitenza, dato che questa era considerata sostanzialmente un battesimo “ripetibile”.
Ma solo i peccati gravi erano sottoposti all’istituto penitenziale. Per i peccati cosiddetti “quotidiani, nel III secolo Cipriano insegnava che il loro perdono poteva essere ottenuto con la preghiera del Padre nostro, con le buone opere e l’elemosina. Alcuni documenti coevi attestano che altre Chiese avevano messo in piedi un’istituzione penitenziale simile a quella di Cipriano a Cartagine, esclusivamente per i cosiddetti “peccati gravi”.
Liturgia per i defunti e i martiri
È nell’ambito funebre che c’è stata continuità, forse più che in altri aspetti, col paganesimo. La preghiera per i defunti e l’uso di onorare la loro salma e la loro sepoltura sono attestati già a partire dal II secolo.
Per il culto pagano dei morti c’erano tradizioni comuni nelle numerose province dell’Impero romano: per l’inumazione, la famiglia e gli amici del defunto, si riunivano vicino alla tomba e condividevano un pasto funebre al quale si riteneva che il defunto prendesse parte. Essi, nel giorno dell’anniversario, agivano allo stesso modo ogni anno. Dagli inizi del III secolo si hanno le prime aree funerarie distinte da quelle pagane: le catacombe e i cimiteri subdiali (sotto terra). Nelle catacombe si vedono ancora oggi delle piccole aperture che servivano per condividere il cibo di questi pasti annuali con il defunto.
Il matrimonio nella liturgia antica
Infine il matrimonio. Come ci si sposava? Quali testimonianze possediamo? Abbiamo informazioni sullo svolgimento del rito? In realtà no… i primi regolamenti ecclesiastici non trattano del matrimonio; questo perché presso i cristiani e gli ebrei, conformemente agli usi antichi, era un rito essenzialmente familiare. Era il padre di famiglia che univa la coppia, in casa. La presenza di ministri della comunità non era necessaria. Tuttavia per il riconoscimento ecclesiale e la conformità all’ideale cristiano, Ignazio d’Antiochia nella Lettera a Policarpo chiedeva che il vescovo fosse consultato.











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