L’anima in Spinoza e il principio razionale dello spirito in Leibniz

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Dopo Cartesio si svilupparono diverse riflessioni ad opera di vari filosofi, come Spinoza e Leibniz, che presero in considerazione anima e spirito concentrando l’attenzione sull’una e sull’altro.

L'anima in Spinoza e il principio razionale dello spirito in Leibniz

Baruch Spinoza

Baruch Spinoza (1632-1677) riprende e approfondisce, in chiave panteistica, la posizione cartesiana. Parlando dell’unica sostanza (Spinoza concepisce la «sostanza» come ciò che è in sé e si concepisce per sé, senza inerire ad altro), la quale è identicamente Dio e la natura, gli attribuisce due caratteristiche: l’estensione ed il pensiero, coincidenti rispettivamente con il corpo e l’anima.

Vi è uno stretto parallelismo psicofisico tra i due. Entrambi, infatti, designano la stessa realtà. L’anima è «l’idea del corpo» e il corpo è «l’oggetto dell’idea mentale che lo costituisce». Spinoza non utilizza il termine spirito. Per lui il pensiero non è sostanza bensì attributo. Piuttosto che di anima parla preferibilmente di «mente» (mens). L’anima è identificata, da un lato, con un complesso di «modi» del pensiero, dall’altro lato è presente in Dio ed eterna come lui. Non le manca una certa intimità di coscienza, perché, pur essendo idea corporis, è anche necessariamente idea ideæ.

Gottfried Wilhelm Leibniz

Fu invece Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716) a definire lo spirito come la forma più elevata assunta dalla sostanza prima immateriale (la «monade») e come la facoltà che distingue l’uomo dagli animali permettendogli di conoscere le verità necessarie ed eterne. Lo spirito è anche la parte ragionevole dell’anima: «Ma la conoscenza delle verità necessarie ed eterne è quella che ci distingue dai semplici animali e ci dà la ragione e le scienze; elevandoci alla cognizione di noi stessi e di Dio. Questo è ciò che in noi si chiama anima ragionevole o spirito» (Cfr. Monadologia, § 29).

La relazione fra corpo e anima è espressa da Leibniz con la teoria delle monadi, sostanze semplici, indivisibili, di cui ogni cosa è composta. Corpo ed anima sono collegati fra loro in un modo puramente estrinseco, egli afferma, sebbene lavorino fianco a fianco in modo sincronico, grazie all’armonia originariamente impressa loro dal creatore. Le monadi sono intese da Leibniz tutte in qualche grado coscienti, derivanti da Dio, per creazione o «fulgurazione». È Dio stesso che prestabilisce quell’armonia tra le monadi, che fa della loro pluralità un «mondo», pur non essendovi tra loro una comunicazione reale (cfr. Monadologia, § 47). Le monadi sono genericamente indicate da Leibniz con il termine aristotelico di «entelechie». Egli riserva il nome di anima a quelle monadi che hanno coscienza di percepire in quanto dotate anche di memoria:

Se vogliamo chiamare anima ciò che è dotato di percezioni e appetizioni nel senso generico che ora ho spiegato, tutte le sostanze semplici o monadi create potrebbero essere denominate anime; ma, essendo il sentimento qualche cosa di più che una semplice percezione, son d’avviso che il nome generico di monadi ed entelechie basti per quelle sostanze semplici che non hanno altro che la pura percezione; e che si riserbi il nome di anime per quelle sostanze semplici in cui la percezione è più distinta e accompagnata da memoria.

G. W. Leibniz, Monadologia, § 29, pp. 70-71
Gottfried Wilhelm Leibniz

Nelle anime umane, poi, la percezione sale alla conoscenza delle «verità necessarie». Queste sono, perciò, anime razionali. Leibniz usa il termine specifico di spirito (cfr. Monadologia, § 29ss). L’anima diviene spirito allorché da Dio le viene infuso, attraverso una specie di «transcreazione», un principio razionale. Cosicché si può dire che, pur essendo le anime tutte eterne, le anime razionali (cioè gli spiriti) sono, come tali, create più direttamente da Dio. Ma si tratta, pur sempre, delle medesime anime, in diversi gradi di sviluppo (cfr. Monadologia, § 62ss). Quelli che si dicono «corpi» sono, invece, complessi di monadi inferiori. L’anima spirituale quindi presiede alle funzioni del corpo della singola persona. Questa permane col mutare delle monadi componenti il suo corpo.

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Bibliografia:

G. W. Leibniz, Monadologia, F. AMERIO (a cura di), Società Editrice Internazionale, Torino 1950.