Il ruah nel libro di Qoelet

Il ruah nel libro di Qoelet

Il libro di Qoelet, o Ecclesiaste, è il ritratto biografico di un saggio lasciatoci da uno dei suoi allievi. Il maestro descritto fu colto, profondo pensatore e preoccupato di trasmettere il sapere alla gente semplice del popolo. Per lui la vita non è soltanto cosa buona ma è anche un grande dono di Dio; tanto grande quanto misterioso: «Come ignori per qual via lo spirito [hāruah] entra nelle ossa dentro il seno d’una donna incinta, così ignori l’opera di Dio che fa tutto» (Qo 11, 5).

Nell’ottica di Qoelet, conformemente ai contenuti che abbiamo già analizzato negli articoli dedicati all’Antico Testamento, il finire della vita corporea sancisce il ritorno del ruah al suo creatore:

e ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato.

Qo 12, 7

La morte, dice Qoelet, non dà guadagno né ai giusti né agli empi, ma mette ogni uomo dinanzi alla realtà della propria dipendenza dal creatore. Questa garanzia di eguale trattamento è assolutamente imparziale.

Per marcare meglio questo concetto, Qoelet distingue tra il ruah dell’uomo e quello dell’animale, senza mai però confrontarne l’origine (aspetto trattato invece nel libro di Genesi).

Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c’è un soffio vitale per tutti.

Qo 3, 19

Espressioni dense che mostrano come l’intervento di Dio nelle creature non sia mai un “mezzo” per gli uni di prevalere sugli altri. Per la morte non c’è differenza tra uomo e animale. Essi subiscono la stessa sorte e il respiro, di cui non sono padroni, è garanzia di questa uguaglianza:

Chi può sapere se il respiro dell’uomo salga in alto e il respiro degli animali scenda sottoterra?

Qo 3, 21

In questo punto c’è un gioco con le parole ebraiche ruah (= soffio di vita) e hebel (= soffio di vento): uomini e animali possiedono vita, ruah, ma sono effimeri come il soffio di vento.

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